Consulente Finanziario: lo sei o lo fai?


Consulente Finanziario: lo sei o lo fai?


Il consulente finanziario è divenuta, negli ultimi anni, la figura professionale su cui c’è sempre maggiore attenzione e su cui molto si dibatte, in ragione dei recenti cambiamenti normativi riguardanti il mondo del risparmio e per la profonda trasformazione che interessa il settore bancario.
Dietro la definizione “consulente finanziario” (precedentemente era “promotore finanziario”) si celano ancora visioni e in troppi casi pregiudizi, spesso retaggio di epoche ormai passate, che rendono ancora non agevole inquadrare e percepire bene tale ruolo seppur ormai ritenuto fondamentale nell’industria del risparmio.
Paradossalmente accade che, a volte, tale ruolo è meglio compreso dai risparmiatori, soprattutto quelli che si avvalgono di un consulente finanziario, piuttosto che dagli “addetti ai lavori”, in particolar modo dai c.d. “bancari”.
A ben vedere il consulente finanziario (tranne rari casi e situazioni particolari comunque ancora marginali) è un libero professionista iscritto ad un albo, che ha un rapporto di agente senza rappresentanza (normalmente con una banca/sim) e fiscalmente produce un reddito di impresa.
Da questo inquadramento “tecnico-giuridico” oggettivamente articolato e un po’ confuso emergono elementi che presuppongono professionalità, competenza, approccio e visione imprenditoriale ma anche legami con una società mandante.
Tali caratteristiche riguardano la maggior parte degli iscritti all’Albo anche se, all’interno del medesimo Albo, si possono trovare anche soggetti che hanno un classico e tipico rapporto di lavoro dipendente.
Se poi volessimo “leggere” meglio i dati dell’Albo professionale scopriremmo che tra i “meri” iscritti e coloro che effettivamente esercitano l’attività, con l’inquadramento di cui sopra c’è un consistente e significativo divario e, tra questi ultimi, l’età media è molto alta: per cui si potrebbe dire, senza timore di essere smentiti, che non è una “professione per giovani”.
Affermazione questa tanto grave quanto vera in quanto, allo stato attuale, la professione presenta evidenti “barriere all’entrata” che rappresentano un vulnus rispetto alla sempre crescente necessità di professionisti in grado di assistere le persone in un mondo come quello del risparmio in forte evoluzione.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad una situazione in cui ad una crescente domanda di consulenti finanziari da parte del mercato non si contrappone una adeguata e corrispondente offerta.
Infatti l’ingresso dei giovani è oggettivamente molto complesso ma anche quello dei “bancari” (ossia di coloro che lavorano in qualità di dipendenti) presenta non poche criticità. Infatti molti bancari seppur tentati, chi per desiderio di legittima crescita personale e professionale e chi per altrettanto legittima necessità di non ritrovarsi un domani considerato un “esubero”, percepiscono questo “salto” di modalità lavorativa per molti versi “insicuro” e “rischioso”.
Diamo per scontato, anche se non sempre lo è, che oggigiorno il consulente finanziario deve avere elevate competenze professionali (meglio se certificate) e poter contare su una tecnologia che lo abiliti ad operare in modo rapido, efficiente e sicuro attraverso una offerta di prodotti e servizi ampia, completa e varia e con la possibilità di lavorare in un team coeso e animato da un forte e sincero spirito di squadra.
E su questi temi, come è giusto che sia, le varie aziende fanno una quotidiana “guerra” per accreditarsi sul mercato come le più innovative, le più solide, le più efficienti, le più prestigiose, per essere attrattive oltre che per i clienti anche per i consulenti.
E sicuramente operare con una società che primeggi per tali caratteristiche rappresenta una condizione necessaria ma, crediamo, non sufficiente per essere un buon consulente finanziario.
In un contesto così complesso, però nel contempo affascinante e indubbiamente sfidante, la principale domanda da porsi e da cui poi discendono tutte le risposte è: “sono un consulente finanziario o mi limito a fare il consulente finanziario?”
Sembrerebbe una domanda banale e, per certi versi, anche provocatoria ma dare a sé stessi una sincera risposta significa tracciare una linea, che spesso poi si rivela invalicabile, tra avere e non avere successo.
In oltre venti anni di attività ho potuto vedere ma soprattutto, in molti casi, beneficiare di cambiamenti e miglioramenti di ogni tipo riguardo prodotti, servizi, tecnologia, trasparenza, professionalità, remunerazione che hanno reso più agevole, nel complesso, fare il consulente finanziario.
Ma l’elemento che fa la differenza, il vero e proprio discrimen è: essere un consulente finanziario!
Dopo molti anni l’aspetto che genera ancora, anzi sempre più, soddisfazione e gratificazione è l’incontro con il cliente.
In molti casi, anche in quelli che a volte presentano criticità, è energia allo stato puro!
Dietro ogni persona c’è una storia anzi ogni persona rappresenta la sua storia.
E di questa storia il consulente è anche lui artefice, in quanto porta con sè la grande responsabilità di contribuire a farla essere una bella storia e, così facendo, renderla unica.
Essere consulente finanziario significa avere il cuore del poeta e la mente dello scienziato.
Significa, attraverso la relazione, dare “valore” al cliente in termini di consapevolezza, di comportamenti e quindi di benessere.
Il cliente dovrebbe cercare chi è un consulente finanziario piuttosto di chi si limita a farlo.
Il consulente che si riconosce in questo concetto di identità e di valori apparterrà a quella privilegiata categoria di persone che più che svolgere un lavoro hanno quotidianamente la possibilità di realizzare sè stessi.

Scritto da Donatello Ceccotti © 2019