I 5 LUSTRI E LE 3 DIMENSIONI DELLA CONSULENZA FINANZIARIA


I 5 LUSTRI E LE 3 DIMENSIONI DELLA CONSULENZA FINANZIARIA




Certe date, legate a momenti particolari o speciali della vita di ognuno, rappresentano inevitabilmente un’occasione per fare alcune riflessioni, non fosse altro che con se stessi.

Anche le ricorrenze lavorative pare non sfuggano a questa consuetudine e forse hanno un senso, o meglio una utilità, se permettono di condividere storie e contesti vissuti nel tempo.

Infatti, nell’epoca in cui si tende a celebrare tutto il celebrabile, spesso si dimenticano proprio questi aspetti, ossia le storie ed i contesti, e così facendo si rischia di rendere poco significativa, se non addirittura vana, la ricorrenza stessa.

La mia, seppur modesta, storia di consulente finanziario inizia 25 anni fa, nel 1999: l’8 gennaio di quell’anno apposi la firma sul mio contratto. Ad onor del vero, ero già iscritto all’Albo dei Consulenti Finanziari (allora erano ancora chiamati Promotori Finanziari) dal novembre del 1998.

A quei tempi si firmava ancora con la penna, meglio se stilografica, perché oltre ad essere elegante ed esclusiva, dava un tocco di solennità e, forse, anche un po’ di poesia alla sottoscrizione di un contratto di lavoro. Cosa che, non me ne voglia nessuno, sicuramente non può dare la -seppur efficientissima- odierna firma digitale.


E già da questo primo aneddoto sulla modalità di firmare il contratto, emerge un aspetto che negli ultimi cinque lustri ha cambiato il mondo, non solo quello della consulenza finanziaria: la tecnologia.

A questo si può aggiungere che

il passaggio da promotore a consulente finanziario non rappresenta solo una variazione formale ma anche, fortunatamente, di sostanza.

A partire dal 2000 si sono succeduti una serie di eventi, che non è esagerato definire straordinari, che hanno radicalmente cambiato i paradigmi del mondo del risparmio e del settore bancario. Questi cambiamenti, che rappresentano un’evoluzione, hanno sicuramente portato un beneficio soprattutto al mercato italiano che, rispetto ad altri Paesi, onestamente non ha mai rappresentato una avanguardia.

Va da sé che dinamiche come la digitalizzazione, le piattaforme multimanager/multibrand per i servizi di asset allocation e la consulenza “a parcella” (solo per citare i trend, a mio avviso, più importanti) hanno inevitabilmente modificato ed evoluto anche il modus operandi del consulente finanziario in Italia.

Il bello di essere consulente finanziario è che puoi interpretare la professione nelle modalità che meglio rappresentano questa evoluzione, seppur all’interno di un perimetro di azione che è, però, sufficientemente ampio e che, soprattutto, puoi scegliere.

Questa condizione, spesso sottovalutata soprattutto dagli stessi consulenti finanziari, ha un nome: libertà!

Libertà di essere innovatori, di essere creativi, di essere padroni del proprio destino e delle proprie fortune professionali.

Dunque il mio percorso professionale di questi 25 anni si è snodato in tali contesti, spesso complessi da interpretare ma affascinanti e pieni di opportunità che, a volte, sono difficili da cogliere e per questo, come è giusto che sia, premianti per chi ha il giusto mindset.

A coloro che sono sempre alla ricerca di definizioni “scientifiche” e che mi chiedono “chi è” il consulente finanziario – e si badi bene, che è diverso dal chiedere “cosa fa”- rispondo che ci possono essere tre dimensioni che non si escludono ma che anzi rappresentano, ovviamente entro certi limiti e senza mai generalizzare, una sorta di sublimazione da intendersi anche come riconoscimento sociale del ruolo.

Per me sono:

CONSULENTE, CONSIGLIERE, CONFIDENTE.

Proprio per rispettare quella libertà, citata poc’anzi, nell’interpretare il ruolo evito – volutamente – di avventurarmi in definizioni delle tre dimensioni ma, mi limito a constatare che, tutte e tre presuppongono un solido rapporto di fiducia a cui si aggiunge una value proposition che alla competenza, conoscenza e professionalità aggiunge, integrandole in modo armonioso, le capacità relazionali da intendersi, non come mere abilità commerciali, ma come una reale e concreta attività di caring prima alla persona e poi al cliente.

Quando si percepisce che “curare” e diverso dal “prendersi cura” allora si è anche capito che il patrimonio di una persona non è composto solo da ciò che ha una valenza economica “tangibile” (denaro, titoli, immobili, partecipazioni in aziende, gioielli, auto, natanti, opere d’arte) ma comprende anche tutti quegli aspetti più “intangibili” come: passioni, status, istruzione, aspirazioni, progetti…e ci si potrebbe spingere oltre, aggiungendo sogni e segreti.

E così arriviamo alla dimensione premium del Consulente, ossia il Confidente che, se proprio lo volessimo definire, sarebbe: “persona amica e di cui si ha fiducia, a cui si confidano i propri segreti e a cui si apre il proprio animo.”

Parlare di “aprire il proprio animo” a qualcuno, in tempi in cui si ragiona in tutti i settori di temi come l’Intelligenza Artificiale potrebbe apparire forse poco opportuno o addirittura fuori dal tempo.


Su queste questioni, che coinvolgono anche il mondo della consulenza finanziaria, ci sono un gran numero di previsioni di scenari di ogni tipo e alcune, peraltro, parecchio bizzarre.

Dopo 5 lustri di attività ho imparato che la caratteristica principale delle previsioni è che puntualmente, la maggior parte di esse, si rivelano clamorosamente sbagliate.

Non ci è dato sapere cosa ci aspetta nel futuro, non solo nel mondo della consulenza finanziaria, ma fintanto che considereremo la fiducia nel suo senso più autentico un valore “etico”, in quanto strettamente collegato all’essere-con e all’incontro con l’altro, forse il futuro non sarà poi così male.


Scritto da Donatello Ceccotti © 2024