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Il Trust: cos’è

Il Trust è uno strumento giuridico antico ed affascinante conosciuto ed utilizzato da secoli in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia ed in molti altri paesi già colonie inglesi (per esempio Cipro), per proteggere beni o diritti quando questi siano destinati ad uno scopo o siano riservati ad uno o più beneficiari. In origine, infatti, veniva usato soprattutto da parte dei Crociati, affinché la loro famiglia ne beneficiasse nell’eventualità che non facessero ritorno a casa. Il Trust, che in inglese significa fiducia (o secondo la definizione dello Zingarelli “senso di affidamento e di sicurezza che viene da speranza o stima fondata su qualcuno o qualche cosa”), si può assimilare, quindi, ad una “solida cassaforte giuridica” entro la quale un soggetto pone uno o più beni, o un diritto, al fine di proteggerli dalle proprie vicende personali e dall’azione dei terzi.

Il Trust viene accostato, spesso e a torto, ad operazioni elusive; invece esso permette di tutelare, con una efficacia sconosciuta ad altri strumenti giuridici, valori come la fiducia, l’affidamento, la riservatezza ed in questo risiede la sua essenza più profonda. Dunque attraverso il Trust, una persona definita disponente (settlor) trasferisce la proprietà di tutti od alcuni suoi beni ad un’altra, chiamata amministratore (trustee). Quest’ultima dovrà poi, a sua volta, trasferire la proprietà di tali beni ad uno o più terzi, denominati beneficiari (beneficiaries). Il trustee, nell’esercitare le sue funzioni, agisce esclusivamente nell’interesse di questi ultimi. In molti trust è prevista una ulteriore figura: quella del guardiano (protector), che ha l’obbligo di fare rispettare al trustee le disposizioni contenute nell’atto istitutivo e dunque svolge una funzione di controllo e sorveglianza dell’attività del trustee potendo anche, ricorrendone le condizioni, revocare il trustee e sostituirlo con altro (trustee).


Semplificando, in termini giuridici si può dire che: il Trust è una “proprietà finalizzata” poiché il trustee ha l’obbligo di esercitare il diritto secondo la funzione e le finalità per la quale esso ne è divenuto formale titolare. In concreto accade che il disponente, apportando determinati suoi beni in un Trust, ottiene la loro reale separazione dalla parte di patrimonio che resta nella sua sfera giuridica. Effettivo proprietario di tali beni diventa il Trustee, che li amministra per tutto il tempo stabilito nell’atto istitutivo (la durata del trust è limitata a cento anni) attenendosi alle deleghe ricevute.


Il Trust, dunque, è un istituto diverso dal mandato fiduciario, in cui la società fiduciaria funge da “prestanome” essendo semplice intestataria, in forma anonima, dei beni interessati, che restano però di proprietà del cliente. A riprova di ciò, nell’istituzione di un Trust debbono essere assolti tutti gli obblighi fiscali di un trasferimento di proprietà, cosa che non accade in un rapporto fiduciario. Per questa fondamentale differenza, il Trust si rivela, in molti casi, più idoneo a proteggere un patrimonio e a determinarne la destinazione secondo gli obiettivi fissati dal disponente. E’ bene infine ricordare, poiché ne rafforza ulteriormente il valore, che in un Trust si può conferire praticamente qualsiasi tipologia di beni: immobili, diritti d’autore, opere d’arte, partecipazioni societarie, valori mobiliari (azioni, titoli di stato, sicav, fondi comuni di investimento, polizze assicurative).



Schermata 2017-05-09 alle 22.22.24il Trust: a cosa serve

Il trust permettere di raggiungere una miriade di scopi ed è uno strumento formidabile per chi desidera garantire l’unità del proprio patrimonio nel tempo, o che vuole avere la certezza che sarà utilizzato secondo le sue volontà e le sue scelte, determinando in anticipo le modalità e i soggetti che ne beneficeranno avendo, nel contempo, la certezza che esso (patrimonio) sarà protetto da eventi imprevisti di ogni tipo. Il trust dunque è utilizzabile, oltre che con riferimento al patrimonio personale, anche come efficacissimo strumento per pianificare la successione nella propria Azienda.

L’efficacia dello strumento si accompagna alla straordinaria flessibilità che consente di “confezionare su misura” il tipo di trust più idoneo allo scopo che si vuole raggiungere. Si pensi che è utilizzato, soprattutto nel mondo anglosassone, anche per il mero perseguimento di una finalità benefica o caritatevole. Alcuni esempi possono sicuramente far meglio comprendere la validità di tale strumento per amministrare, proteggere e trasmettere il proprio patrimonio: si pensi all’imprenditore che vuole cedere la propria azienda al figlio più capace e nel contempo tutelare i diritti della moglie e degli altri figli; oppure ai genitori di un figlio disabile giustamente preoccupati di assicurargli protezione e sostegno quando loro non potranno più farlo; ma anche al professionista di alto profilo esposto a rischi professionali considerevoli e dunque a potenziali richieste di risarcimento spesso non gestibili con le sole polizze assicurative.

Peraltro la cronaca presenta, con una certa frequenza, casi di personaggi che hanno utilizzato il trust per gestire e soprattutto trasferire, ai beneficiari che avevano individuato, il proprio patrimonio secondo modalità e tempi da loro indicati. Basti ricordare, tra i più famosi in ragione della consistenza dei patrimoni e della notorietà dei personaggi, il trust di Gianni Agnelli o quello di Luciano Pavarotti di cui tanto si è parlato sui giornali anche per le vicende giudiziarie che li hanno riguardati, ma che, nonostante questo, hanno raggiunto lo scopo per cui erano stati, a suo tempo, costituiti. Più che analizzare le varie tipologie di trust secondo un approccio “accademico” è senza dubbio preferibile descrivere una serie di casistiche reali e concrete, (vedi ESEMPI DI UTILIZZO DEL TRUST), alcune anche divertenti e bizzarre, in cui lo strumento è stato efficacemente utilizzato raggiungendo in pieno gli scopi per cui era stato istituito.




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La tutela del patrimonio personale è molto sentita dai professionisti (commercialisti, revisori contabili, medici, architetti, ingegneri, avvocati, amministratori di condominio, etc.) in ragione dei rischi professionali a cui sono esposti e non sempre adeguatamente coperti dalle sole polizze assicurative. Vi sono poi anche altre situazioni, (separazioni, divorzi, incarichi di rilievo “pubblico” o ad alta esposizione “mediatica”) in cui, indipendentemente dall’attività che si svolge, alzare delle “barriere” di riservatezza intorno al proprio patrimonio contribuisce significativamente ad una sua maggior protezione.

In Italia pochissime persone pianificano in vita il trasferimento del proprio patrimonio alle generazioni future. I dati dicono che circa l’85% delle persone non fa addirittura nulla, forse per mancata percezione del bisogno o per scaramanzia o scoraggiata dalla difficoltà e vastità della materia, lasciando, di fatto, che a regolare tali situazioni sia la legge. Allo stato attuale la normativa italiana, che si basa sul concetto “tradizionale” di famiglia, non prevede situazioni familiari “alternative” ben presenti nella realtà come, solo per citarne due, le convivenze (che nel 2015 supereranno numericamente i matrimoni) e le coppie o unioni di fatto. Al di là di valutazioni morali e sociologiche, che non ci appartengono, per coloro che si trovano in simili situazioni è consigliabile “attivarsi” in tempo (leggasi: quando ancora in vita) per scongiurare il rischio che, stante la attuale normativa, il loro patrimonio possa passare di mano ben diversamente da come avrebbero desiderato. Si deve anche constatare che c’è un “virtuoso” 15% di persone che invece affronta la delicata questione di tramandare le proprie ricchezze quando non ci sarà più e, nella maggior parte dei casi, per raggiungere lo scopo utilizza il testamento. Può accadere però che anche il testamento, ovviamente regolarmente redatto, seppur strumento di indubbio valore non possa rispondere completamente a particolari esigenze come, invece, potrebbero fare gli strumenti di cui trattiamo, più dinamici e con caratteristiche di “ultrattività” .

I passaggi generazionali in una famiglia spesso, in ragione della composizione del tessuto produttivo italiano, sono strettamente legati a quelli in azienda e dunque richiedono una attenta “visione” di insieme, poiché devono garantire la continuità aziendale nel tempo oltre che evitare dissapori nella famiglia dell’imprenditore. Un dato statistico: nei primi 5 anni dal loro avvio, il 90% delle nuove aziende di matrice familiare cessa la propria attività, del rimanente 10%, il 67% scompare o passa di proprietà dopo la prima generazione e, sempre riferendoci a questo 10%, solo il 12% sopravvive con la stessa proprietà di controllo oltre la terza generazione. E’ dunque fondamentale progettare dall’imprenditore, quando è ancora in vita, il passaggio generazionale per non dissipare e disperdere il patrimonio aziendale (si pensi, per esempio, al know-how di molte imprese artigianali o al brand rappresentativo di una importante nicchia di mercato).

Servizio ideale per clienti “multi-bancarizzati” in quanto permette di gestire in modo unitario e riservato la propria posizione fiscale relativa ad assets finanziari (per i quali opera il regime di risparmio amministrato) detenuti appunto su più intermediari, sia in Italia che all’estero. La società fiduciaria, formale titolare dei rapporti, operando come sostituto d’imposta potrà compensare plus e minusvalenze relative all’intera posizione fiscale. Al vantaggio della “ottimizzazione” fiscale va aggiunta la possibilità per il cliente di avvalersi di una consulenza completa e personalizzata su tutto il patrimonio, esistente su più banche, attraverso un monitoraggio continuo degli obiettivi di investimento e del rischio complessivo di portafoglio.