L’ARMADIO DEGLI ERRORI DI ENZO FERRARI: ECCELLENZA O PERFEZIONE?


L’ARMADIO DEGLI ERRORI DI ENZO FERRARI: ECCELLENZA O PERFEZIONE?


Il leggendario Enzo Ferrari nel suo storico ufficio di Maranello aveva il cosidetto “armadio degli errori” ovvero una vetrina a vista in cui erano presenti una serie di pezzi di auto da corsa: pistoni, valvole, bielle, ingranaggi, semiassi, ciascuno con un cartellino indicante una data e una località. Data e luogo corrispondevano ad una gara persa a causa della rottura di quel pezzo che veniva quindi conservato a futura memoria e dunque da qui traeva origine la curiosa denominazione dell’armadio.
Semplicità, concretezza e rigore ben delineano il carattere del “Drake” che parlava un linguaggio che non richiedeva molte parole in una epoca in cui ognuno faceva la sua parte e pagava per gli errori commessi e soprattutto imparava da essi.
Il desiderio di sperimentazione e di miglioramento ben rappresentato dall’armadio degli errori ci porta a fare una riflessione sui concetti di eccellenza e di perfezione soprattutto in riferimento ai tempi che viviamo.

L’eccellenza è spesso confusa con la perfezione. Ma la perfezione non è equivalente all’eccellenza, soprattutto se intesa nella sua accezione più estrema.

Non è infrequente riscontare, non solo nei contesti lavorativi, come vengano messe in risalto, anzi spesso siano esaltate come modelli di riferimento, quelle persone che tendono ad ottenere sempre il massimo e a risultare impeccabili in ogni occasione ed in qualsiasi aspetto della propria vita.
Questo potrebbe significare essere perfetti se ipotizzassimo che la perfezione esista: concetto non così scontato.
E’ indiscutibile che aspirare ad ottimi risultati e avere voglia di ottenere il meglio è una caratteristica assolutamente positiva in una persona, ma se questa tensione “positiva” sfocia in una ossessione patologica al perfezionismo che non contempla l’errore ci troviamo difronte ad un vero e proprio problema, non solo per la persona in questione, ma anche per chi gli sta intorno.
Infatti c’è il rischio di non godere del raggiungimento di un risultato in quanto si insegue immediatamente una nuova sfida senza gioire del precedente traguardo anzi, quando il risultato non è perfetto ossia conforme alle sempre elevatissime aspettative, ci si trova a vivere una sorta di sconfitta interiore.
Questo a volte si manifesta, soprattutto per chi ricopre ruoli di responsabilità, con la paura di delegare perché la persona si convince che nessuno possa essere in grado di fare le cose come andrebbero fatte generando forme di ansia pervasiva nei collaboratori mettendo così a rischio il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

La ricerca dell’eccellenza si può interpretare invece come un processo che ammette non solo l’errore ma anche il fallimento: intesa in questo modo diventa il presupposto per cercare di arrivare se non alla perfezione a qualcosa di molto simile.

Difatti è proprio nel fallimento e dal fallimento che la persona “illuminata” trova uno stimolo per imparare dall’esperienza fatta per migliorarsi e avvicinarsi sempre di più al risultato desiderato.
Enzo Ferrari probabilmente sintetizzava tutti questi stati: la ricerca maniacale della vittoria che si associava al malessere, anzi ad un vero e proprio dolore, per la sconfitta ma nel contempo non perdeva mai la visione per cui il fallimento era la condizione necessaria per eccellere.
Del resto il grande libro della storia dell’umanità è stato scritto da persone che, in molti casi, proprio dal fallimento hanno generato rivoluzionari salti di paradigma: veri e propri geni che sicuramente non possono essere “ingabbiati” in una interpretazione estrema del concetto di perfezione anzi spesso la loro stessa esistenza era tutt’altro che “perfetta”.

E’ sconsigliabile “intrappolare” le persone in rigidi schemi riconducibili ad un ipotetico concetto di perfezione “assoluta” perché così facendo si corre un rischio: si riducono notevolmente gli spazi necessari per agire in modo flessibile e soprattutto si limita la creatività.

L’eccellenza per come abbiamo cercato di descriverla, a ben vedere, si raggiunge proprio quando si pensa e si agisce al di fuori degli schemi avendo il coraggio di intraprendere percorsi fino a quel momento inesplorati con la consapevolezza che eventuali errori rappresentano il passaggio obbligato per il successo.
Chi agisce con tali modalità è sicuramente guidato anche da una sincera passione che ha come piacevole conseguenza anche il divertimento nel fare ciò che si fa.
Un tale approccio, applicabile in ogni ambito della propria vita e non solo in contesti professionali, rappresentata la massima forma di libertà che una persona può desiderare per realizzare se stesso.
La perfezione applicata all’essere umano probabilmente non esiste però esiste la tensione all’eccellenza che, a ben vedere, è per certi versi essa stessa una manifestazione di perfezione.


Scritto da Donatello Ceccotti © 2021